Vino e Musica possono essere due elementi che ben si sposano tra loro per aiutare a rilassarsi e godersi una situazione. Forse è per questo che da quando sono stata a Corte Bravi continuo ad ascoltare le playlist dedicate ai loro vini (scorrendo tra le foto potete capire meglio).
Siamo in piena zona classica della Valpolicella, un corpo unico di quattro ettari e mezzo di vigneti, all’interno di una piccola vallata con ciliegi, ulivi e bosco. Un terreno calcareo con tufo giallo che si ritrova nel percorso sensoriale dei vini che vi racconto di seguito.
Azienda giovane, nata nel 2011, che da qualche anno ha deciso di intraprendere una strada che richiama la natura e l’essenza del frutto delle viti: uva biologica, bassi solfiti, fermentazioni spontanee, vini non filtrati.
Una scelta molto coraggiosa ma da apprezzare.
Passeggiando tra le vigne in compagnia di Andrea, titolare dell’azienda con il fratello Ivano, inizia la nostra chiacchierata in mezzo alla natura. L’approccio in campagna è verso la biodinamica, con sovescio per arieggiare il terreno, piantando senape e sambuco, utilizzo di decotti e oli essenziali per ridurre l’utilizzo di rame e zolfo. Rese diminuite a 90 quintali/ettaro per le uve autoctone (corvina, corvinone, rondinella, molinara). Muretti a secco, da tradizione, e un piccolo fazzoletto di oseleta, una varietà veronese poco utilizzata per le basse rese, che i fratelli Brunelli usano come taglio nel Valpolicella Superiore e non solo.
Visto la ridotta produzione, vendemmia e lavorazione delle uve vengono gestite in simultanea, con uve raccolte in cassoni al mattino e pigiate nel pomeriggio.Unica eccezione per l’Amarone, con appassimento in cassette di legno fino a metà gennaio delle quattro uve e ventilazione naturale.
Raccontandomi la produzione dei vini e le scelte di lavorazione, passeggiando tra i locali della cantina, Andrea mi cita U2, Rolling Stones, Led Zeppelin. “Ogni gruppo utilizza strumenti diversi per emozionare e anche il vino devi captare quello che ti dà e le sensazioni che ti trasmette”.
Così, finito il giro nei locali di affinamento tra tonneaux di rovere curvate a vapore (per ricercare solo la microssigenazione dei vini) e due anfore da 16 ettolitri, parte il giradischi ed è ora di concentrarci sui calici di casa Brunelli, sorseggiando al ritmo di musica.
Debutto con BOCIA, presentato a febbraio e dedicato al papà (ultimo di sette fratelli, il piccolo di casa, “el bocia” in dialetto veronese). Spremitura di rondinella in purezza, da 9,5 gradi. E’ il vino quotidiano, nella bottiglia da un litro, che ti accompagna durante le merende nutrienti o a tavola. Il rubino è lucente e vispo, il naso mi riporta a frutti e speziature delicate di infusi. Bevendolo non è leggero come mi sarei immaginata, anzi dispone di un bel caratterino. Acidità presente che si sposa con una buona sapidità. Rintocchi speziati e leggera arancia sanguinella nel retrogusto a chiusura di un sorso di buona persistenza.
Poi arriva TIMIDO, il vino bianco richiesto dalla mamma e il primo esperimento di Andrea dal 2018: molinara e rondinella pressate timidamente e vinificate in bianco. Viene trattato come un vino rosso, fa la malolattica e rimane 3-4 mesi in acciaio con batonnage frequenti fatti con azoto, senza filtrazioni e solamente un travaso per un bianco senza solfiti aggiunti. E’ timida la pressatura, ma non la struttura, un bianco che può accompagnare salumi, baccalà e qualche buon cicchetto veneziano. Note di mela verde, pompelmo e una sensazione amidacea che mi riempie la bocca. Fresco come si deve, ma soprattutto grande sapidità che spinge fino all’ultimo secondo di persistenza. Sarà divertente riprovarlo con un po’ di evoluzione in bottiglia rispetto all’annata degustata (imbottigliata da sole due settimane).
SCATTO, altra anteprima, 100% corvina da vigne di dieci anni, affinato quattro mesi in anfora da 16hl. Rosso vivo, frutto prevalente con fragolina di bosco e marasca, quasi in composta. Bocca secca rispetto al naso che mi avrebbe condotto verso un vino più abboccato e morbido. Ampio con diverse sfaccettature speziate. Sorso interessante e molto omogeneo nell’equilibrio.
Passando alla “tradizione” della denominazione, un bel calice di VALPOLICELLA CLASSICO 2020, con prevalenza di corvinone (quasi 50%), seguito da corvina e da un bel 15% di rondinella. Parliamo di un prodotto che esce però dai ritmi scanditi dal disciplinare, portandolo a un anno di affinamento in acciaio e quattro/cinque mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
Parte “Sweet Home Alabama” e la musica si fonde con questo rubino lucente, dalle speziature delicate al naso e dalla sensazione al palato di spremuta di melograno (per il mix di acidità, frutto e leggera astringenza della parte bianca del melograno). Il suolo calcareo dona leggerezza al naso e alla bocca, un vino che non cerca per forza il cibo. Lungo con ritorno di buccia di arancia, frutti rossi, prugna, erbe e spezie, quasi una tisana serale come insieme di profumi che continuano ad emergere dal calice e dal retrogusto.
Segue un altro piacere alla beva con il VALPOLICELLA CLASSICO SUPERIORE 2019, con un 20% di uva oseleta. Metà affinamento in legno per un anno e metà in acciaio per un 13,5° di tutto spessore, ma dotato di una beva non opulenta. Veste molto intensa e scura che riporta all’olfatto note di fiori secchi, frutti rossi e spezie sempre più prevalenti, per lo più di pepe nero. Un ricordo di karkadè. Sorso d’impatto astringente, di buon equilibrio con acidità e sapidità molto percettibili.
In chiusura, l’AMARONE annata 2017, con una selezione accurata delle migliori uve, quattro mesi di appassimento, oltre un mese di macerazione sulle bucce, affinamento di due anni in tonneau e un anno in bottiglia. Rispetto ai calici precedenti, passatemi il concetto di naso “invecchiato”. Chiudo gli occhi degustandolo e mi ritrovo a giocare a carte, poi a mangiare della buona carne che richiama il vino che sto sorseggiando. Relax, take it easy, ma non esagerare perché tra il romanticismo delle spezie al naso e l’estrema secchezza alla bocca ogni tanto si può sbandare mentre si assaggia questo Amarone.
Che dire, un’esperienza pura in compagnia di Andrea, Raja e Pascal tra le espressioni magiche della Valpolicella.
#cincin
































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