Daniele, Andrea e Marco sono tre fratelli uniti dalla passione per il vino che, spinti dalla voglia di evadere dalla routine della vita d’ufficio, hanno deciso di rilevare nel 2013 una proprietà sui Colli Berici per dar vita a Siemàn (“sei mani” in dialetto padovano).
Dopo vari corsi di settore dedicati al vino e alla birra e a seguito di esperienze lavorative svolte in altre cantine, hanno ristrutturato parte del casale preso a Villaga (VI), sistemato i vigneti esistenti e piantato nuove vigne.
Siamo in collina e la suddivisione del terreno è particolare visto la sfaccettatura variegata del suolo che da un composto intenso di sabbia, argilla e limo, con l’aumentare dell’altitudine passa ad un insieme di tufo e gesso. Parte della superficie è boschiva sulla cima della collina, mentre al di sotto di essa si possono ammirare i vecchi sesti a cordone speronato e tutto il loro nuovo mondo a guyot con impianti molto fitti per una produzione di poca quantità di uva per pianta.
Tra le varietà coltivate la prevalenza è dedita alle specie autoctone con Tai Rosso, Corbinona, Turchetta, Manzoni. I fratelli Filippini gestiscono inoltre un vecchio vigneto a qualche chilometro di distanza, su un appezzamento base vulcanica nei Colli Euganei, sempre con uve del territorio quali Moscato Bianco e Garganega.
L’idea su cosa e come produrre era chiara fin dall’inizio, con una gestione delle vigne e del lavoro in cantina più incentrata alla produzione di vini naturali, trattamenti precauzionali a base di funghi, riduzione dell’utilizzo di rame, uso limitato di solfiti, fermentazioni spontanee e vini non filtrati.
La prima annata di produzione, il tormentato 2014, è stato un vero e proprio inizio drammatico per Siemàn in quanto le condizioni meteorologiche hanno limitato la prima produzione a 3.000 bottiglie circa.
L’anno successivo viene considerato il primo di produzione a pieno regime, raggiungendo una tiratura annua di quasi 12.000 bottiglie, potenziale che potrebbe quasi raddoppiare nel corso dei prossimi anni.
Il vino gioca un altro ruolo importante all’interno della gamma di prodotti Siemàn perché contribuisce alla produzione di due birre acide a fermentazione spontanea. Una viene addizionata di mosto fresco d’uva Tai Rosso per attivare la fermentazione tumultuosa in acciaio, l’altra invece rifermenta con il mosto delle uve di Incrocio Manzoni. “Le Bucce” e “Incrocio” identificano queste due birre ALE.
I quattro vini di casa cercano di rispecchiare il sapore del territorio e richiedono la pazienza di capire dove possono arrivare con la loro “artigianalità”.
CAMALEONTE è un vino frizzante rifermentato in bottiglia, prodotto con Incrocio Manzoni e Garganega macerati 1/2 giorni con le bucce e Tai rosso vinificato in bianco. L’annata 2016 mi viene servita dopo aver scosso la bottiglia, con una piacevolezza “democratica”, una bollicina uniforme e volutamente scarica. L’infuso di tè e note di limone stimolano l’olfatto, al palato la pulizia e l’agilità di beva giocano a suo favore insieme ad una sensazione di grassezza. Leggera gradazione alcolica e una lunga persistenza gusto-olfattiva per questo vino perfetto per l’estate e per l’abbinamento facile con le pietanze.
Garganega e Tai Bianco sono complici nella nascita di OCCHIO AL BIANCO, cinque giorni di macerazione con le bucce, affinamento in vasche di cemento e acciaio. Si presenta con sentori erbacei e selvatici come un fascio di erba fresca strappata dal campo. Si amplia successivamente con spezie, fiori secchi, incenso e sandalo delicati sul finale. Puro e piacevole da bere, ma complesso allo stesso tempo. Le sue sfaccettature sono molto eleganti ed incentivano la conquista del palato.
MOSCA BIANCA viene prodotto con uve del vigneto situato a Vo’ (PD) con vigne vecchie di 30 anni su terreni argillosi e vulcanei. Moscato bianco e Garganega sono vendemmiati e vinificati insieme, la macerazione arriva solitamente a 4 giorni, ma la fermentazione tarda ad arrivare rispetto agli altri vini, con una partenza dopo quasi 15 giorni. Per Siemàn rimboccarsi le maniche per “addomesticare” queste vigne, gestite originariamente in modo convenzionale, è una vera e propria sfida. Una fatica da gestire e da allineare al resto della produzione. Si presenta in bocca secco, verticale e netto contro un naso aromatico e floreale da gelsomino e sambuco. La sapidità risulta molto più pronunciata e persistente di OCCHIO AL BIANCO. La pulizia e la freschezza rendono questo vino un piccolo principe dal carattere strano, ma dal cuore tenero.
Concludo in bellezza con la vera essenza di casa Siemàn: OCCHIO AL ROSSO è il vino del loro territorio, dei loro animi, del loro studio. Tai Rosso come re della composizione che, nell’annata 2016, è andato in leggero appassimento forzato in pianta per l’eccessivo caldo. Emerge così una visione più elegante, un signore che impone ed incanta il degustatore (senza austerità di vecchiaia). Si sente leggermente la fuliggine, il legno asciutto, la radice di liquirizia uniti a ribes rosso e sfumature di erbe secche in chiusura. Freschezza e tannicità viaggiano insieme ben amalgamate nell’equilibrio di questo giovanotto che sta crescendo. Lungo, pulito ed accattivante.
Il fuori “standard” anche stavolta mi ha fatto conoscere una piccola realtà dotata di cuore, voglia di condividere idee ma soprattutto di raccontare quanto possa essere difficile ma soddisfacente svegliarsi un mattino e capire che è arrivato il momento di cambiare rotta.
Buona avventura Siemàn!
#cincin
Rispondi