Sul catasto teresiano del 1752, stilato quando Gorizia passò sotto l’impero asburgico, compare già il cognome Primosic tra i proprietari di terreni. E’ ricordando questo aneddoto che Silvestro Primosic inizia a narrarmi la cronistoria legata al suo cognome, alla sua terra e alla sua amata Ribolla.
La contea di Gorizia, dopo aver fornito vino e frutta per più 400 anni all’impero asburgico, subisce le devastanti conseguenze della prima guerra mondiale, al termine della quale ad Oslavia rimane “intatta” solamente la parete di un edificio poi denominata “Lenzuolo bianco” e divenuta un simbolo per non dimenticare le atrocità della guerra.
La successiva ricostruzione avviene con la stessa mentalità di prima (quella austriaca) e questo influisce negativamente sull’economia locale, basata principalmente sul settore vitivinicolo, poiché in quegli anni nel nostro Paese veniva consumato quasi esclusivamente vino rosso mentre a Gorizia erano le uve a bacca bianca a farla da padrona. La conseguente crisi per le aziende produttrici di vino della zona si protrae fino agli anni Sessanta.
Il primo vero passo di Silvestro verso il mondo del vino è rappresentato dalla vendemmia del 1964. In quegli anni Primosic era una delle cinque aziende produttrici di vino del Collio e lui girava con i cavalli per promuovere i suoi prodotti in Veneto e Lombardia.
Nel 1967 Primosic e gli altri produttori di Oslavia, zona in cui l’80% della produzione era di Ribolla gialla, subiscono le conseguenze negative della decisione del Consorzio di tutela dei vini del Collio che non riconosce la Ribolla come vino di valore nella DOC appena istituita.
Dopo l’iniziale sconforto morale, Silvestro reagisce orgogliosamente e già dagli anni Settanta comincia a stampare etichette con la dicitura “Ribolla di Oslavia”.
Primosic porta nel cuore quest’uva, rigogliosa in vigna se indomata, ma preziosa come un gioiello se curata e lavorata in continuazione. La Ribolla ha un difetto importante agli occhi del vignaiolo: allevata a guyot, con un tralcio di circa 60 centimetri, le cinque gemme che vengono tenute possono dare tre grappoli ognuna. E’ una vite molto rigogliosa che può produrre anche 15 kg di uvaggio per pianta. Per arrivare a 1,5/ 2kg, da Primosic si eseguono tre vendemmie: quella del verde, prima della fioritura, con una grande cernita; una seconda (a fine luglio), nella quale circa metà dell’uva viene tolta e lasciata sul terreno in vigna; infine, la vendemmia vera e propria (ad ottobre), quando gli acini iniziano ad avere la buccia marroncina con le lentiggini che caratterizza quest’uva.
Acidità e mineralità, caratteristiche della Ribolla di Oslavia, sono ben percettibili nelle tre versioni di casa Primosic.
La RIBOLLA classica THINK YELLOW 2016 è un calice pieno di vita, pulito al naso con fiori, cera d’api, colla e piccole note dolci finali. Caldo e fresco al palato, con una piacevole sapidità abbastanza presente. Ottimo come aperitivo o per l’affiancamento a una pasta con le verdure.
Sulla ribolla spumantizzata sono stati svolti numerosi esperimenti tra champenoise e charmat. Con il metodo classico ”hai perso la Ribolla, ma non hai lo Champagne” afferma ridendo Silvestro, evidenziando lo scarso avvicinamento alla crosta di pane ma pure il venir meno dei tratti distintivi della Ribolla. Nel RIBOLLANOIR, lo charmat lungo di sette mesi tagliato con un po’ di Pinot Nero, rimane al primo posto la Ribolla nel calice di bollicine fini e un palato salino, secco, molto verde e fresco. Un aperitivo duro, d’impatto, per nulla coccolone, ma che invita la beva.
La blasonata RIBOLLA DI OSLAVIA, prodotta in collina dove il terreno è la stratificazione di marna e arenaria (in Friuli chiamata Ponca), nata come prodotto facile da bere e 10° alcol, oggi si presenta più “ostica” e molto minerale, ma quando la si prova in questa versione ambrata e vestita di nero, con i suoi trenta giorni di macerazione, una nube inebriante di un bel profumo floreale da donna, se ne viene completamente conquistati. Entra in bocca, ti saluta asciugando tutta la saliva, poi si assesta sulla lingua con il sale e l’acidità. Ma non finisce…ti continua a parlare. Questo è il suo segreto, bisogna solo saper ascoltare.
Prima di assaggiare la ribolla macerata, il confronto con il Sig. Primosic ha avuto una diramazione verso una prelibatezza di Gorizia, un radicchio molto particolare che sta perdendo però il suo valore. Per arrivare alla ROSA DI GORIZIA (presidio Slow Food), il radicchio viene estirpato a novembre, chiuso con tutta la sua parte verde e appeso sottosopra al caldo. Il cuore del radicchio continua a crescere assumendo questa meravigliosa forma di rosa. Successivamente viene eliminata la parte verde per poter consumare questa rarità cruda, con un filo di olio e sale. Si gusta così un prodotto croccante che sotto i denti sprigiona gocce di “succo” amarognolo. Purtroppo le condizioni climatiche del 2017 hanno influito anche sulla produzione di questo radicchio, non sviluppando a sufficienza la parte verde le rose non si sono potute sviluppare.
Rimanendo in tema floreale, lo CHARDONNAY 2011 presenta all’olfatto il profumo di donna contornato da aria di mare. La sua maturità sta crescendo con i fiori secchi, un kiwi maturo (quello dolce e succoso), le noccioline tostate e un po’ di caramello amaro sul finale. Il sorso si apre e si gusta grazie ad eleganza, calore e morbidezza. Poi, tutto ad un tratto, arriva la sapidità a smorzare il momento romantico e ad incentivare la scoperta e la voglia di continuare a conoscerlo.
Il KLIN 2012 è un uvaggio dell’omonimo cru di collina prodotto fin dal 1989 con uve Sauvignon, Chardonnay e Tocai, vendemmiate insieme. A fermentazione conclusa e terminati i travasi, viene aggiunto un 20% di Ribolla, più tardiva nei cicli di maturazione e fermentazione. La maturazione dell’uvaggio avviene in tonneau per circa due anni. E’ un vino giallo paglierino con riflessi verdolini, dall’impronta immediata ed incisiva di Sauvignon e Tocai al naso, seguita dai sentori di crosta di pane dello Chardonnay. E’ complesso, pulito, elegante e fresco in bocca; la situazione diventa globale, senza una netta prevalenza di una delle quattro uve. La Ribolla compare solamente durante il sorso con il suo animo secco e minerale. L’insieme di queste sensazioni sulle papille gustative mi rimanda ad un ricordo finale in bocca di un bicchierone di acqua, zucchero e limone. Un vino che può essere accettato ed apprezzato da tutti grazie al ventaglio di sentori che possiede.
Cambiamo registro con il PINOT GRIGIO 2015 ORANGE e mi ritrovo un corallo nel calice con un’unghia che ricorda l’incandescenza dell’alcool etilico rosa. Un prodotto che esce dagli schemi di casa con la vendemmia del 2015, quando Silvestro e uno dei figli decidono di prolungare la macerazione con le bucce a 5 giorni in tini aperti. Un affinamento non eccessivo in legno e una sosta in bottiglia (questa volta trasparente) per un risultato straordinario. Un mazzo di rose fresche coccola il mio naso, con note di frutta rossa. Veloce, facile e piacevole, ma la sua impronta rimane a lungo nel palato. Anche se i gradi sono ben 15, l’alcolicità è una componente sempre in secondo piano, come per tutti gli altri vini di casa.
La produzione di Primosic è chiaramente volta a vini riconoscibili sul mercato, non solamente grazie al packaging.
I racconti a tavola con questa splendida persona si sono conclusi con la visita della sua piccola azienda tra tini, fermentini e botti. Le cose più speciali che ho visto sono state le bottiglie delle vecchie annate, quelle che raccontano la sua storia, compresa la bottiglia n°1 della denominazione Collio. Le cose invece più speciali da provare sono state i suoi vini “Fuori Serie”, nascosti nelle botti… un’emozione unica per concludere egregiamente il mio primo appuntamento con Silvestro.
#cincin
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