Parlare di vini georgiani è una moda o semplicemente un ritorno alle origini?
Ultimamente mi sto accorgendo che la Georgia sta spuntando un po’ ovunque tra fiere e degustazioni. Ed io, curiosa a mai finire, figuriamoci se non colgo l’occasione di scoprire qualcosa in più!
Anche sabato scorso alla Mostra dei passiti di Volta Mantovana, anzichè i vari focus sugli abbinamenti tra passiti e formaggi o frutta secca, ho puntato a Georgia e Croazia con un minimo scorcio sui passiti (la Croazia) affiancata da questi secchi stregoni georgiani.
Si torna indietro nella storia, seimila anni fa circa, e si finisce lì dov’è nato il vino, nel sud del Caucaso. L’importanza storica del vino georgiano a poco a poco sta riemergendo e Paolo Lauciani, sommelier e docente di Bibenda, ci ha presentato questa regione in una piccola degustazione nelle sale del Palazzo Gonzaga.
Due i vini georgiani in degustazione, con lunghe soste in macerazione (si arriva anche a 6 mesi). Lo stile però varia in base alle regioni: a Imereti (nell’ovest della Georgia) i vini vanno in anfora senza bucce; nella zona di Khakheti, ad est, la fermentazione e l’affinamento viene fatto sulle bucce.
L’anfora interrata però è sempre la protagonista: elabora il vino con una microssidazione, gli sbalzi termini sono minimi e si rallenta il processo evolutivo del vino.
Scoprire (anzi riscrivere) il nome dei vitigni protagonisti risulta un’impresa…
I calici presi in esame delle due regioni Imereti e Khaketi si sono presentati completamente differenti già alla vista.
L’imeretiano dal paglierino tenue e torbido presentava profumi ricchi con un’idea di frutta macerata (soprattutto pesca) e di fiori quasi appassiti. Il “grip” del tannino c’era con un’impronta leggermente asciutta al primo sorso. Sapidità elevata, fine e lunga persistenza con chiusura lieve di mandorla. Caldo e di buona struttura.
Il kakhetiano invece ha attirato l’attenzione con il suo vestito ambra. Il naso evoluto fino a sentori di noce, gheriglio di mandorla, pot-pourri, miele e smalto. In questo caso la parte tannica rispetto al primo era maggiormente evidente mentre la sapidità era meno pronunciata. La regina di questo calice? La freschezza.
Caramella d’orzo riscontrata solitamente nei vini in anfora? Ovviamente c’era con uno stile inconfondibile ma elegante nel contesto.
L’esperienza della Georgia ammetto non sia facile da affrontare, ma piacevole da scoprire.
Non fermatevi ai soliti vini, esplorate!
#cincin
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