Romano Dal Forno – Cellore d’Illasi (VR)

Spostandomi di una vallata a est, stavolta la destinazione del mio tour per cantine è stata l’azienda ROMANO DAL FORNO.

 

 Quel nome che circola sempre nelle nostre menti quando si parla di Valpolicella, anche se in molti lo pensano come un inarrivabile. Per quali ragioni? Ecco, di sicuro viene da pensare alla fascia prezzo dei suoi prodotti che cattura subito l’attenzione, non possiamo negarlo. L’obiettivo del mio tour era proprio quello: entrare nel loro quotidiano e non solo nella maestosità dell’azienda, capire i loro obiettivi, la loro mission e scoprire perché puntano a vini così di nicchia.

E allora mi sono intrufolata in un gruppo di appassionati e sono entrata nel mondo DAL FORNO. Accolta dal figlio Marco che segue i vigneti, il viaggio in questa realtà di 12ha di proprietà più 27 in gestione mi ha aperto un po’ gli occhi sulle curiosità che avevo.

Una scelta maniacale in cantina per le fasi della vinificazione, tutto è monitorato e nulla è tralasciato; alta tecnologia e pulizia devo dire (non c’era nulla fuori posto). Mentre eravamo all’interno dell’area dedicata ai tank stavano iniziando a seguire l’Amarone 2015 visto l’anticipo dei tempi previsto rispetto al solito gennaio per la pressatura delle uve appassite: che colore incredibile ha conquistato l’uva quest’anno, attenderemo sette anni per conoscere il risultato. 

    
    
 

Sette anni, ho detto bene, e questo è già un altro #perché alla domanda che mi sono posta. 20 giorni in acciaio, 2-3 anni in barrique e 2-3 anni di affinamento in bottiglia.

L’obiettivo per loro è ottenere un vino che tra 30-40 anni sia ancora buono, un po’ come aprire un libro di un racconto avventuroso che ogni volta possa lasciarti un buon ricordo e la voglia di perderti tra le sue pagine. Che sia fattibile? Mi attrezzerò per testare le vecchie annate tra qualche decennio… sono proprio curiosa di aprire questo libro!

Nel frattempo andiamo a sbirciare nell’immenso fruttaio con cassettine di plastica disposte in fila e seguite ognuna da tre ventilatori che gestiscono ventilazione ed umidità. 

    
 

Apriamo la finestra del fruttaio e ammiriamo uno dei vigneti di proprietà gestito con ca. 13.000 piante per ettaro e una scelta di tenere mezzo chilo di uva per pianta, nessun diserbo e tutta raccolta a mano. #perché

Pensate che per il letame selezionato per il vigneto ci investono circa tre anni. #perché

Dimenticavo: quali lieviti usano?

Dal 2011 hanno dedicato una ricerca ai lieviti naturali presenti sulle loro uve e hanno fatto la selezione clonale. Nessuna fermentazione spontanea, ma i lieviti sono selezionati “internos”. #perché

Spostandoci al piano meno due mi sono un attimo deconcentrata ammirando l’affascinante barricaia dove tutte le barrique di primo passaggio tra rovere francese e legno americano lasciano il loro imprinting ai vini. #perché

 

  

  

  

Ed ecco che Marco apre le danze della fine del nostro tour “stappando” le barrique di Valpolicella e Amarone 2013 che troveremo sul mercato dal 2019.

Abbiamo anticipato i tempi per capire quanto la loro storia sia effettivamente lunga da capire ed apprezzare; i due vini prelevati da botte presentavano una complessità al naso già ricca di emozioni con il frutto rosso quasi in destinazione confettura contornato da pepe e chiodi di garofano nell’Amarone.

Per il Valpolicella il sorso pieno, dalla buona acidità e tannino iniziava ad ammorbidirsi lasciando una minima traccia di erbaceo. Cannella e vaniglia in successione con un finale pulito leggermente amaricante. Il morso di una ciliegia mi conquista con il sorso dell’Amarone invece, che al naso presenta anche note di cioccolato, un finale da MON CHERI, una piccola coccola in attesa del suo invecchiamento. Tannino giovane e ottima freschezza questo “cioccolatino”.

Una visita in cantina per scoprire questi dettagli, potete farlo anche voi, quando volete…

Anzi, quasi quasi vi ci porto io!

Alla prossima cari winelovers

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