Partita con il presupposto di andare ad esplorare un mondo, non dico sconosciuto per me, ma quasi… domenica sono andata in provincia di Parma, a Fornovo di Taro, per la manifestazione VINI DI VIGNAIOLI, un foro dedicato all’esposizione di tutti vini naturali.
Ma cosa dice il manifesto dei Vignaioli?
Riporto il patto che questi produttori hanno stipulato per la loro “riscossa”:
- Il vignaiolo si prende cura in prima persona della vigna, della cantina e della vendita.
- Il vino del vignaiolo è vivo, dona piacere, è figlio del suo territorio e del suo pensiero. Espressione autentica di cultura.
- Il vignaiolo considera il consumatore un co-produttore.
- Il vignaiolo custodisce e modella il paesaggio nel rispetto della biodiversità e della cultura del proprio territorio, che racconta e arricchisce.
- Il vignaiolo come agricoltore si assume la responsabilità di preservare e migliorare la fertilità del suolo e l’equilibrio degli ecosistemi.
- Il vignaiolo si impegna a rinunciare all’utilizzo di molecole e organismi artificiali e di sintesi con l’obiettivo di tutelare il vivente.
- Il vignaiolo governa il limite in tutti i suor i impegni ricercando l’ottimo, mai il massimo.
- Il vignaiolo si assume la responsabilità della propria attività nel rispetto dell’ambiente, della salute del consumatore e dei destini della propria comunità e della terra.
- Il vignaiolo si impegna a creare e alimentare relazioni con altri vignaioli, agricoltori, produttori di cibo, cuochi, università e istituti di ricerca, educatori e cittadini nella propria comunità e nel mondo.
- Il vignaiolo pratica la trasparenza: dice quello che fa e fa quello che dice.
- I Vignerons d’Europe chiedono alle autorità nazionali ed europee di non ostacolare il loro lavoro con regolamenti adatti all’industria ma non alle loro particolarità.
Quindi dietro la loro filosofia c’è una produzione il più naturale possibile, senza forzature esterne, ricercando e conservando l’equilibrio tra suolo, pianta coltivata, altre piante e animali che popolano l’ambiente.
Un vino senza aggiunte chimiche e senza zolfo nella maggior parte dei casi.
Sarà difficile di conseguenza seguire lo standard logico che abbiamo in mente se vogliamo degustare il classico Montepulciano d’Abruzzo o una Garganega, e pensare di recuperare il ricordo nel ns. bagaglio eno-culturale in quanto tra i profumi ci sarà sì il sentore caratteristico, ma anche quell’insieme di profumi forse “sgradevoli” che non vengono corretti ma magari ammorbiditi con dell’affinamento in legno. Un impatto alcune volte che ti fa aprire gli occhi perché esci da quello che per te è normale, ma che ti stimola a scoprire e rivalutare quello che effettivamente fa il vignaiolo che crede nel suo vigneto e nel terroir facendo affidamento a un buon “triangolo” dato da un ph potente, una gran quantità di lieviti in buona salute e, se possibile, molto acido malico.
Tra i vari assaggi fatti in fiera ho trovato dell’Aleatico di Gradoli passito, uno Champagne Nature, un Gewurtztraminer alsaziano e un Catarratto che mi hanno catturato sia al naso che in bocca e che alla fine mi hanno fatto dire “Questo lo berrei di nuovo!”
A fine mese continuerò l’esplorazione di questi vini a Piacenza per il Mercato FIVI che vi presenterò nei prossimi giorni.
See you wine lovers!
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